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Margot Deliperi

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Dicembre 23, 2016 By md

Sai mettere il nastro al tuo business? Consigli a botteghe ed ecommerce per guadagnare di più

A -1.5 giorni dal Natale tutti i business, soprattutto i negozi e le botteghe, stanno lavorando a mille per vendere gli ultimi regali.

Per il lavoro che faccio, sono tarata ad analizzare in ottica di business ogni occasione di acquisto, interazione e comunicazione e il periodo di Natale mi offre infiniti spunti per vedere cosa funziona, cosa è migliorabile e cosa è trasversale a diversi business.

Ecco perché ci tengo a raccontarti il mio ultimo acquisto, fatto in un negozio alimentare specializzato.
Di solito preferisco comprare online ma a volte la bottega offre un livello di competenza, servizio e assortimento migliore.
Per questi elementi vale la pena attraversare la città all’ora di punta.

Entrata in negozio, trovo 2 persone addette alle vendite, parevano Joy e Disgust di Inside Out: una solare, amichevole e collaborativa, l’altra trasandata, scocciata e laconica.

Joy, indifferente alle occhiatacce lanciate da Disgust, stava vendendo ad altri clienti tutto l’assortimento, grazie al suo personale mix di sorriso e capacità di ascolto per capire i bisogni di chi aveva davanti.

Siccome Murphy ha sempre ragione, a me è toccata in sorte Disgust, che non ha preso bene la mia richiesta di una confezione personalizzata: c’erano tanti set già pronti, perché dovevo disturbare con la mia richiesta a mezzora dalla chiusura?

Disgust, te lo spiego: se volevo un box standard me lo compravo su Amazon,
e se avessi avuto una rapida alternativa non ti avrei dato i miei sudatissimi soldi.

Tra uno sbuffo e l’altro, Disgust mi ha fatto il conto e passato i miei prodotti a Joy che ha:

  • scelto la borsetta e il nastro più adatti
  • studiato con cura la disposizione migliore
  • contato il numero di loghi sul nastro per non decapitare il brand e renderlo ben visibile sul nastro colorato, la prima cosa che viene toccata quando si apre una confezione
    (contando i loghi ha conquistato il mio cuore di brand per sempre)
  • continuato a fare amabile conversazione con me
  • salvato in corner la mia esperienza di acquisto in quel negozio, facendomi uscire contenta e con dei pacchetti fatti con amore.

Ciascuno ha il suo talento, e le persone hanno un ruolo decisivo nel far decollare o precipitare un business.

Conclusioni:

  1. Se hai la fortuna di avere nel tuo staff chi ci tiene al punto di contare anche i loghi sul nastro, lasciale fare quello per cui è portata, ci guadagnerai di più.
  2. Se non hai una Joy cercala, ci guadagnerai di più.
  3. E se hai un ecommerce? Fammi sentire che non c’è un computer fra di noi, che stai contando i loghi del nastro e pensando alla composizione migliore della mia confezione. Costruisci un percorso emozionale che mi risolva problemi, sia facile, veloce e sicuro e fammi sorridere, come se stessimo facendo amabile conversazione.
    Ci guadagnerai di più!

Buone feste!

Filed Under: Inspiration

Novembre 17, 2016 By md

Qual è la parola dell’anno 2016, cosa c’entra internet e che responsabilità abbiamo

Le parole che usiamo sono importanti perché danno forma al mondo che viviamo e lo definiscono.
Per questo, ogni anno l’Oxford Dictionary sceglie una parola rappresentativa dell’anno in corso, in base a dove è andato il mondo con le sue parole.

post-truth-2

Vediamo dunque cosa ci lasciano gli ultimi 3 anni.

2014: ci abbiamo fumato sopra.
La parola era vape, per la diffusione delle sigarette elettroniche e di tutti gli accessori connessi.

2015: abbiamo perso le parole per gli emoji e ci abbiamo riso sopra, fino alle lacrime.
Dai dati SwiftKey si è visto infatti che “????” è stata il 20% delle emoji usate in UK e il 17% in US.

2016: dopo averci fumato e riso sopra, ci siamo anche passati sopra.
La parola dell’anno infatti è Post-Truth.

post-truth-1

Letteralmente, è un aggettivo relativo a circostanze in cui gli appeal emozionali e le convinzioni personali sono più incisivi nel determinare l’opinione pubblica rispetto ai fatti oggettivi

‘relating to or denoting circumstances in which objective facts are less influential in shaping public opinion than appeals to emotion and personal belief’.

Vogliamo credere a quello che vediamo e sentiamo, a prescindere dalla sua esistenza e dal volerne verificare l’esistenza.

Infatti, abbiamo avuto Brexit e Trump – inspiegabilmente, a detta di molti.
Peccato che i molti non abbiano calcolato il moltiplicatore delle emozioni e degli effetti della paura.

Il post-truth si diffonde secondo la formula: ingenuità+pigrizia+ignoranza (dello strumento).

È così che molte notizie diventano virali, vere o false che siano: capisci qual è l’emozione prevalente e diffondi contenuti che alimentino e si alimentino con quell’emozione; in questo, la paura è una miccia accesa.

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Inoltre, è così che molte persone ci fanno soldi ogni giorno: l’esempio più recente è quello dei teenager macedoni che hanno alimentato un centinaio di siti pro-Trump, diffondendo notizie false col solo scopo di farci soldi da click pubblicitari.

In questo 2016 che spicca per credulità, anche Facebook è sul banco degli imputati per aver contribuito a diffondere notizie false.

Mark ovviamente nega di avere responsabilità, dice quello che leggiamo è solo il risultato di un algoritmo che ci mostra quello che la nostra rete condivide.
Tradotto, se hai una rete di creduloni avrai un feed di fregnacce.
Comunque anche lui se la sta passando male: Facebook è diventato il principale aggregatore di notizie (e di investimenti pubblicitari), ed è lì che le persone si informano.
Quid custodet custodes?

news from social media

Credits.

In questo scenario politicamente e socialmente buio voglio pensare con ottimismo al 2017 e sperare che:

  • la prossima parola sarà pre-truth;
  • internet venga usato come mezzo di trasparenza e non come amplificatore di balle e segreti di Pulcinella, smascherabili alla prima googlata.
    Vedi il Brexit, vedi Trump, ma vedi anche Mina e Celentano, due “vecchi” (della musica) che fanno un “disco per vecchi” plagiando una “foto di vecchi” fatta da un giovane che ha un blog “fatto con le foto dei vecchi”.

In questo, noi professionisti e nativi digitali (per non dire millennials – ecco l’ho detto) abbiamo una grande responsabilità: educare la generazioni dei nostri genitori, che si trovano su internet senza ben sapere come funziona, senza conoscerne logiche di funzionamento, codici di comportamento e velocità delle connessioni.

È semplice incolpare internet e il digitale.
Ma la rete è uno strumento, e bisogna saperlo usare.

Credits featured image

Filed Under: Digital Marketing, Inspiration

Novembre 10, 2016 By md

Perché e per chi fare video?

video

La risposta è nell’etimologia, vedere e farsi vedere.

A oggi il macro-scenario social è questo:

  • Facebook conferma la spinta al video-first, su tutti i suoi canali: Facebook Live, IG Stories  e 2 nuove feature, AI Style Transfer e New Camera

  • Vine (piattaforma di mini-video) chiude, tristemente legata a Twitter
  • Twitter è come l’amico perennemente in crisi che non sai mai come ne uscirà, forse con una GIF
  • Snapchat e Musical.ly  si contendono i live video

Ci sono tutte le premesse per avere un 2017 orientato ai video e ogni grande o piccolo business, aziendale o individuale, avrà da divertirsi pensando a come integrare i video nella propria strategia al servizio del brand.

Pensiamo a come ci comportiamo noi quando guardiamo i video: di solito, andiamo a cercarli quando abbiamo un bisogno, che sia educativo,  di intrattenimento o di ispirazione.
E di solito, siamo più propensi a ricordarci un prodotto o servizio che abbiamo visto funzionare bene, vero?

Video Marketing.jpeg

Passiamo adesso dall’altro lato, quello di chi ha un business.
Se vogliamo aggiungere i video alla strategia e dare un’offerta di valore dobbiamo conoscere bene le persone che vogliamo raggiungere e pensare come loro.

Con empatia, cerchiamo di immaginare di cosa hanno bisogno – un tutorial? una recensione? una pausa divertente? – e come possiamo aiutarle.

Per questo, è importante spostare l’attenzione sull’utilità che offriamo e non su quanto siamo “i migliori leader del mercato e della galassia”.
Nel dubbio, vale il detto “Show, don’t tell”.

I video poi aggiungono gli elementi non verbali di body-language, tono, mimica, contatto visivo, che sono esclusi dalla forma scritta.

L’elemento umano dà più forza al messaggio perché attiva le emozioni, che sono il motore più potente di ogni relazione e determinano le nostre scelte quotidiane,  di vita e di acquisto.
Attenzione però,se non abbiamo consapevolezza il body language può anche distruggere il messaggio !

via GIPHY

I video infine costruiscono reputazione e credibilità.

Questi sono risultati che si ottengono nel lungo periodo, investendo tempo, costanza e soprattutto ascoltando i feedback ricevuti per capire cosa funziona, cosa no e soprattutto capire il perché.

Un solo video non raggiunge l’obiettivo, invece una strategia che include anche i video ti aiuta ad andare verso l’obiettivo.

I video funzionano in qualsiasi business.
Mi sono divertita a immaginare degli esempi, da cui si può sviluppare un piano editoriale.

  • Negozio tradizionale. Fammi vedere che prodotti hai in vendita, perché hai scelto di tenere proprio queli in assortimento e spiegami come usarli.
    Sono le scelte che fai tu come negoziante che ti differenziano dal puro retail online e ti rendono speciale.
    Se mi spieghi come lavori, avrò più fiducia in te, e varrà la pena che attraversi la città per venire nel tuo negozio.
    A quel punto la competizione non è più sul prezzo ma sul tocco umano che tu e solo tu saprai dare.
  • Ristorazione e produzione alimentare. Mostrami come fai i dolci, come li impasti, come li decori. Fammi vedere che vendi davvero cose buone…ho già fame solo a pensarci e non vedo l’ora di passare a trovarti 🙂
  • Freelance. Guida o accompagnatrice turistica, ogni tot raccontami una curiosità della città in cui lavori, fallo anche in inglese o nella lingua straniera che più ti è congeniale. Promotore finanziario, spiegami cosa è successo sui mercati nell’ultima settimana.
  • Azienda, B2B o B2C poco cambia. Come uso i tuoi prodotti? Se è più facile farlo che dirlo fammelo vedere, mi semplificherai di molto il processo decisonale. E i tuoi clienti che dicono?
    Come ti prendi cura dei miei prodotti invece, se ti affido qualcosa?

Per fare dei video che deliziano chi li guarda ci sono altri 3 punti da tenere in considerazione.

  • L’85% dei video su Facebook sono guardati senza audio.
    Inserire i sottotitoli massimizza la possibilità che il tuo messaggio arrivi a destinazione nei massimo 7 secondi di attenzione dell’utente – il tempo di uno scroll.
  • Gestisci bene il tempo: se non è un nuovo episodio di Daredevil DEVI darmi un validissimo motivo per guardarti più di 30 minuti.
  • Se fai video lunghi, diciamo sopra i 10 minuti, pensare di estrarre l’audio e farci un podcast. Con un podcast, raggiungi comunque il tuo pubblico che ti sarà grato perché gli risparmi molto traffico dati.

Chiudo con un’infografica di riepilogo sulla potenza dei video del perchè meritano di essere inseriti nella propria strategia di marketing per il 2017.

video-infographic-full

credits

Filed Under: Digital Marketing

Ottobre 11, 2016 By md

Come recuperare l’admin di Google Analytics

“Ho perso l’admin di Google Analytics, come lo recupero”?

Google Analytics admin has gone

Quando ti trovi a gestire un sito web è bene che tu abbia accesso anche a Google Analytics, per capire come gira il traffico su quel sito.
Per  modificare le impostazioni di Analytics serve che il tuo account sia impostato come admin per l’Analytics associato al sito.

Cosa succede se il primo e unico admin è irreperibile e tu hai l’accesso all’Analytics in sola visione?

Ora ti spiego come recuperare l’admin di Analytics quando la situazione è:

  • cugino @ gmail .com, unico admin del sito “www.sito.com”: è scappato alle Barbados
  • titolare @ gmail .com: ha account in sola visione
  • tu @ gmail  . com: devi riprenderti l’accesso e  non sai che pesci pigliare

Per recuperare l’admin di Google Analytics la soluzione migliore è passare per Google Adwords.

Che c’entra Adwords se stiamo parlando di Analytics?

C’entra, perchè i clienti Adwords possono chiedere il supporto di uno specialista Google: infatti, gli advertiser sono la principale fonte di guadagno per Mr G  e ha senso che Google li faccia parlare con una persona invece di fargli leggere una guida online.

  1. Il primo passaggio è quindi creare un account Adwords: ti serviranno i dati di pagamento, indirizzo, carta di credito (non debito, non ricaricabile) o conto corrente.
  2. Dopo aver creato e impostato l’account, vai sulla rotella delle Impostazioni – Assistenza telefonica su scala globale.
    google-adwords-1
  3. E da qui selezioni:

Hai bisogno di ulteriore assistenza?
Google Analytics
L’amministratore di Analytics è andato via

google-adwords-2

google-adwords-3

In fondo alla pagina trovi i contatti dell’assistenza.
Quando è capitato a me ho scelto di avere assistenza via email, a tutela del cliente per cui stavo agendo.

google-adwords-4

4. Entro 24 ore uno specialista ti contatterà per verificare che tu sia admin del sito web “www.sito.com” associato all’account Analytics che stai cercando di recuperare.

Ti chiederanno quindi di:

    • Creare un file di testo e salvarlo col nome analytics.txt
    • Scrivere nel file la stringa di testo che ti diranno assieme alla richiesta di aggiungere “tu @ gmail .com ” all’account Analytics richiesto “GA – xyz”  con le autorizzazioni di “gestione degli utenti e modifica” e la data
    • Caricare questo file di testo nella radice di ciascun dominio da cui si sta richiedendo l’accesso
    • Dati e dettagli sulla forma di pagamento AdWords
    • Indirizzo di fatturazione dell’account AdWords
    • L’URL di visualizzazione di una o più campagne ed esempi di parole chiave

Questi lunghi passaggi servono a garantire la sicurezza delle operazioni.

Dopo le verifiche che tutto combaci, nel tuo pannello di controllo Analytics, collegato al tuo indirizzo email “tu @ gmail .com”, ti troverai admin di Google Analytics per il sito richiesto.

A questo punto sei finalmente admin,  puoi eliminare il vecchio admin, crearne uno nuovo e cominciare a impostare i parametri di cui hai bisogno.

Buon lavoro

Filed Under: Digital Marketing

Agosto 1, 2016 By md

Come arrivare a Venezia in macchina

Come raggiungere Venezia in macchina?
“Lasciate ogni GPS o voi ch’entrate”

Se anche tu sei un tecno-entusiasta con poco senso dell’orientamento come me, conosci bene la sicurezza che ti dà avere Google Maps in tasca.
Una connessione dati attiva o le mappe salvate sul telefono ti consentono di trovare la strada per qualsiasi destinazione, che sia un piccolo paesino della Croazia o il Trump Palace a Las Vegas.
Però esiste un unico luogo dove Google Maps non funziona: Venezia.
Nonostante gli omini di Google Street View abbiano mappato Venezia nel 2013, le indicazioni di Google Maps in città sono fuorvianti.
Infatti, seguendole sembra sia possibile arrivare in macchina nel centro storico di Venezia.
Qui sotto il percorso di Google Maps da Padova a Piazza San Marco:

  • linea continua (con rallentamenti) fino a Piazzale Roma
  • linea tratteggiata da Santa Croce a San Marco: vuol dire che NON si può andare in macchina sulle fondamenta.

Arrivare a Venezia In Macchina
Sì, perchè Venezia è ancora sull’acqua e no, non è accessibile alle macchine oltre Piazzale Roma!
Evidentemente ne erano ignari questi turisti inglesi, ostinati e certi di arrivare al loro hotel, il Gritti Palace, in macchina: “il navigatore dice che mancano 2 km”

Venezia Macchina
Credits: La Nuova Venezia

E anche quest’altro voleva arrivare in auto al suo albergo.

auto rossa-2

Credits

Come arrivare a Venezia in macchina quindi?

Lasciandola a Mestre, nei parcheggi che ci sono prima del ponte della Libertà e in Piazzale Roma.

E lasciando spento il GPS spento, sia per le mappe sia per i Pokemon Go, anche se devono ancor arrivare a Venezia.

Buona estate a Venezia!

Filed Under: Arts, Digital Marketing

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Actually, I suppose we both prefer eating chocolate cookies rather than accepting website cookies. If you keep reading, I assume you agree with both this statements :)Ok