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Margot Deliperi

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Digital Marketing

Marzo 28, 2017 By md

Come organizzare un evento di successo: WHATS Next Talk

Ovvero: come organizzare un evento gratuito con più di 200 persone, poco budget, parlando di donne e tecnologia.

WHATS NEXT TALK è una conferenza che si è tenuta a Dueville (VI) il 10 Marzo 2017
per condividere le esperienze di 8 donne che hanno avviato progetti professionali nella tecnologia e incoraggiare tutte le altre a perseguire una carriera STEM.

Cover Evento WhatsNext Talk

A fine Gennaio Alessia Camera mi ha proposto di contribuire all’organizzazione del Talk: anche io mi sono costruita una professionalità grazie alla tecnologia e sono molto orgogliosa di aver collaborato a questo evento.

Ma l’emozione e il coinvolgimento non bastano: per ogni progetto digitale di ampio respiro serve anche un team appassionato, visionario ed entusiasta.
Tutti noi del team siamo così e abbiamo trasferito questo mood anche nella comunicazione, divertendoci e conoscendoci strada facendo.
Ognuno si è focalizzato sulla sua specialità con un approccio orientato ai risultati per non disperdere budget strada facendo.

Mentre un team lavorava sulla parte di sponsorizzazioni e partnership con enti e istituzioni, il team digitale ha lavorato interamente da remoto comunicando con chat online e collaborando con gli strumenti di Google Drive.

Costruito il team, per realizzare un evento di successo serve una Digital Strategy pianificata bene ed eseguita anche meglio.

La chiamiamo Digital Strategy, ma sarebbe più corretto dire “strategia declinata sui canali a disposizione, in cui il digitale gioca un ruolo fondamentale.”

Andiamo a vedere quali sono stati i passi fondamentali per l’evento.

1. Obiettivo

Ogni strategia deve avere ben chiaro l’obiettivo: noi volevamo portare a Dueville più di 200 persone, con 45 giorni di tempo. La vendita dei biglietti su EventBrite, dove controllavamo l’andamento delle iscrizioni, è stato il principale indicatore dell’andamento dell’attività.
I canali digitali sono una grande risorsa perché offrono la possibilità di misurare i risultati delle azioni e di fare correzioni e aggiustamenti tempestivi.

2. Target

Il digitale ci ha permesso di individuare con precisione il pubblico target, sia per base demografica che geografica, e realizzare tattiche mirate.

3. Canali e Tattiche

Abbiamo individuato i canali specifici, creato tattiche e individuato i sotto-obiettivi per ciascuno.

WHATS NEXT Strategia online canali contenuti

Per i social ci siamo concentrati su Facebook e Instagram , con 2 piani editoriali distinti accomunati dall’obiettivo di spingere le iscrizioni su EventBrite.

Abbiamo poi lavorato di Digital PR, stringendo partnership con blogger e media partner regionali.
Il lavoro svolto online ha dato da subito i suoi frutti in termine di interesse spontaneo attorno all’evento.
Da qui siamo stati contattati da giornalisti che si sono offerti di pubblicarci, sia online che su carta.

4. Go Live e Risultati

Vista le partecipazione all’evento possiamo dire che è stato un successo:
279 biglietti venduti e +200 persone presenti all’evento.

Risultati Whats Next Talk

I risultati organici sono stati ottimi e ci hanno permesso di contenere il budget pubblicitario a poche decine di euro nelle 2 settimane precedenti all’evento per massimizzare la reach.

La combinazione di contenuti organici e campagne sponsorizzate ha prodotto un engagement molto elevato sulla pagina e +30.000 visualizzazioni video nelle 4 settimane precedenti l’evento.

Whats Next Facebook Results

I singoli discorsi sono stati diffusi live su Instagram e riassunti su Facebook con un post per ogni relatrice.

Visti i risultati quantitativi possiamo dirci soddisfatti dell’evento e capitalizzeremo questa esperienza per le prossime volte, anche dal lato pratico.
Per esempio, è fondamentale dotarsi di un cavalletto da smartphone e prevedere sempre il WiFi per lo staff che fa la diretta live.

Ai risultati quantitativi vorrei aggiungere anche delle metriche qualitative, perché contano anche i sorrisi, gli sguardi che si accendono quando cominciano a pensare a cose insolite e le mani che si stringono conoscendo persone nuove.

Qui ci sono le slide complete con il dettaglio di strategia e tattica. Buona lettura!

Filed Under: Digital Marketing

Marzo 6, 2017 By md

Il mio manifesto professionale

Quest’anno festeggio i miei primi 10 anni di lavoro in azienda, cominciato 3 mesi dopo la laurea.

Per festeggiare questa tappa ho deciso di fare il mio manifesto professionale, che racchiude quello che ho imparato in questi anni.

È abbastanza semplice, e riassume quello in cui credo e il sistema di pensiero che applico al lavoro.

  • It’s not the ink, it’s the think
  • It’s not the skill, it’s the attitude
  • It’s not the tool, it’s the goal

Prima: Pensiero, Attitudine e Obiettivi.
Poi: Azioni, Strumenti e Abilità.

Lo strumento si impara, il difficile è strutturare il pensiero per usare lo strumento.

O, come diceva Pirelli:
“La potenza è nulla senza controllo”. 

Troppo spesso anche i migliori professionisti invertono l’ordine, abbagliati dall’ultimo strumento sulla bocca del guru.

Per arrivare a questa sintesi ho riletto e riscritto i miei 10 anni di lavoro in azienda.

  • Sono partita dalle Vendite, a 26 anni, come Sales Account nella Grande Distribuzione.
    Un inizio col botto, per esperienza e bagno di realtà.
    In vendita ci si gioca tutto, sei tu l’interfaccia dell’azienda col cliente e devi fatturare, punto.
    Altro che le pubblicità con gli unicorni che immaginavo di fare all’università.

Unicorn

Qui ho capito l’importanza di avere obiettivi condivisi da tutta l’organizzazione.
Sei tu a metterci la faccia col cliente mentre prometti consegne e ti scontri con rotture di stock.
Non dipendono da te ma sono un problema da gestire.
Non importa come ma i prodotti devono essere a scaffale. Obiettivo.
P di Place? fatto.

  • Poi sono passata in azienda, volevo “fare il marketing” che avevo studiato.
    Non lo sapevo fare, ero solo sveglia e sapevo 2 lingue ma avevo l’attitudine.

Sono diventata prima Product Manager poi anche Buyer, con responsabilità sugli acquisti da fornitori del Far East, stock, margini e lanci di prodotto.
Con attitudine e “svegliezza” ho messo 2 delle 4 P di Kotler sulla tacca del fucile.
Grazie a chi ha scommesso su di me.

4Ps Marketing Kotler

Credits

  • Nel 2012 vado in Ufficio Comunicazione, con 2 colleghi fantastici.
    Ecco Promotion, la quarta P. High-Four, Kotler.

Ink e tool di un periodo di crisi, think e goal da leader.
Frullando Prodotto, 2 lingue e la mia anima nerd sono usciti risultati di cui sono molto orgogliosa.
Boost dei Social Network in un B2B metalmeccanico trevigiano, il redesign del sito, il primo Google Analytics, le prime fiere all’estero da organizzare per ieri.
Il primo Social Customer Care, perché è il cliente che decide il canale, non l’azienda.
In questo ruolo ho anche fatto una grande ca***ta, per superficialità e sicumera.
Lezione #1: Mai dare niente per scontato
Una volta risolta la situazione, il mio super ufficio mi ha dato la lezione #2, preziosa perché riguarda il team  –  e la vita.
“Hai sbagliato tu ma abbiamo sbagliato tutti: perché non lavori da sola, siamo un gruppo”
E dopo 3 anni abbiamo ancora il gruppo WhatsApp  🙂

  • 2015-oggi: Marketing Manager- dovrei dire Digital Marketing, che è più buzzword ma il digital è un canale di una strategia.
    Quindi: obiettivo è creare un brand riconosciuto su scala mondiale e supportare le vendite, facendo piani di marketing strategico e tattiche operative in un mondo digitale e omnichannel.

It’s not the tool, it’s the goal

Vuoi che parliamo dei tuoi obiettivi in un mondo di strumenti digitali, efficaci e misurabili?
Scrivimi, non vedo l’ora di leggerti.

Filed Under: Digital Marketing

Gennaio 20, 2017 By md

Perché l’intelligenza artificiale non ci ruberà il lavoro

L’intelligenza artificiale ci ruberà il lavoro?
A cosa serve la filosofia e cosa c’entra con l’intelligenza artificiale?
Un nuovo umanesimo digitale è quello che ci serve per non farci rimpiazzare dall’intelligenza artificiale.

Ovunque online si parla dei posti di lavoro che saranno cancellati e sostituiti dall’intelligenza artificiale (AI); tra questi, l’analisi Forrester afferma che il 25% dei lavori saranno automatizzati nel 2025.

Dove si trova l’intelligenza artificiale?
È già qui: ad esempio si basano sull’AI

  • Google Maps, che ci dice anche i percorsi alternativi perché “sa” che c’è traffico su una certa strada;
  • i suggerimenti di quello che potrebbe piacerci, sulla base delle nostre preferenze, molto usati da Amazon, Netflix e Spotify;
  • la ricerca vocale e la dettatura che facciamo ai nostri dispositivi – i miei non hanno ancora capito che ho l’erre moscia 🙂
  • l’allerta frode della banca, che quando rileva movimenti anomali ci avvisa.

Guardando alla nostra storia, in passato ci sono già state molte ondate di innovazioni e automazioni, che hanno avuto impatto sui lavori di routine, spostando i lavoratori da un’industria all’altra.

Illustration by Tara Jacoby

Credits- Tara Jacoby

Contrariamente a quel che si può pensare, dove c’è stata automazione si è avuto invece un aumento di lavoro, dovuto alla domanda nascente di altri bisogni collegati, spiega David Autor, economista al MIT, in questo articolo sull’Economist.

Infatti, l’automazione ha un risvolto positivo molto importante, cioè che aumenta il valore dei lavori che possono essere fatti solo dall’uomo, e che sono connessi ai tratti emotivi, emozionali propri dell’umanità.
Con questa prospettiva, il vantaggio economico di risparmio sulle risorse umane è vantaggioso solo nel breve termine ma non nel lungo.

La vera assunzione di responsabilità a cui siamo chiamati noi tutti, istituzioni, decisori, aziende globali, è capire se e quando vale la pena sostituire l’uomo con la tecnologia, e quali sono le implicazioni sociali del cambio.

Sicuramente il progresso tecnologico e l’intelligenza artificiale hanno delle implicazioni anche sulla formazione delle persone, sia degli studenti sia di chi lavora.
C’è bisogno di formazione aggiornata sulle nuove tecnologie e si deve pensare a
nuove forme di erogazione della formazione più efficaci, con un piano di sviluppo competenze a più livelli.

Da qualche anno si sono affermate le piattaforme online di formazione a distanza (MOOC: Massive Open Online Course) che hanno il vantaggio di portare le lezioni delle Università più prestigiose al mondo ovunque ci sia una connessione – e la volontà – di seguirli. Coursera, Udacity, Treehouse e Lynda, solo per citarne qualcuna.

La versione 4.0 del Quid Custodiet Custodes

In aggiunta alla formazione tecnica, è cruciale dare adeguato spazio alla formazione umanistica e filosofica, che per la sua trasversalità, ci insegna a fare le domande giuste, e a cercare delle risposte coerenti.

Quali sono le implicazioni etiche dell’automazione?

Fino a che punto possiamo dirci umani?

Quanto l’automazione cambia le politiche di welfare e la geopolitica mondiale? E le migrazioni?

Ma più banalmente:

Quando una notizia è vera o falsa?

Lo studio della filosofia e dell’etica diventa allora fondamentale per tutti i soggetti:
– per il programmatore dell’automazione, chiamato a fare delle decisioni valutandone le conseguenze.
– per i singoli, che devono essere consapevoli e sapere dove è il valore umano e cosa non sono disposti a cedere;
– per i brand, che devono definire i loro valori prima di essere travolti dall’onda.

Conclusioni

L’attitudine a definire se stessi (persone e organizzazioni), imparare, disimparare e reimparare, è fondamentale perché il mondo è sempre più interconnesso e complesso e i confini di automazione e umano sono in continuo divenire.
Un’altra cosa utile da fare è smettere di antropomorfizzare i dispositivi: sono computer, non persone.

Don’t call it “she”. It’s a computer, not a person.

E una delle certezze su cui possiamo contare è che siamo esseri umani e che abbiamo il dovere di coltivare la nostra umanità per migliorare in quello che è proprio del nostro essere.

Altri link interessanti:
New York Times magazine.
Inc.com
Ancora l’Economist

Filed Under: Digital Marketing

Gennaio 14, 2017 By md

Social Customer Care. A lezione da Elon Musk

Tutti a lezione di social customer care da Elon Musk, che in soli 6 giorni ha risolto un problema, segnalato su Twitter da un cliente.

Alcuni proprietari di auto Tesla lasciavano la macchina parcheggiata al punto di ricarica (Supercharger) nonstante fosse già stata caricata, creando problemi a chi aspettava il proprio turno di ricarica.

Social Customer Care - Elon Musk

Elon legge, risponde (l’11 dicembre 2016 è domenica) e promette un intervento.
Detto, fatto.
Dopo soli 6 giorni Tesla annuncia la nuova policy, che prevede un addebito di 0.40$ per ogni minuto extra di sosta a carica completata.
Da notare anche come sia stata comunicata in positivo:  “Miglioramento della disponibilità dei Supercharger”
invece del sanzionatorio “Penali per chi lascia la macchina carica parcheggiata”.

“Eh ma come fai a sapere quando è carica?”

Con l’app Tesla monitori la carica del veicolo e puoi essere lì quando l’auto è pronta.
Non ci sono scuse 🙂

Supercharger idle fee

Credits: Tesla

Da questo episodio impariamo 5 lezioni di business: 

  1. Le persone sono importanti. Qualunque sia la tua attività economica, riguarda le persone.
    Sono le persone che cercano clienti e fornitori, negoziano contratti, concludono affari e cambiano attività.Questo vale sempre, che tu sia un parrucchiere, un imprenditore, una bottega o un B2B.
    Infatti, non è questione di B2B o B2C ma di Human-to-Human e alla base di ogni transazione umana che funzioni ci sono 2 cose: capacità di ascolto e fiducia.
    E questo vale anche se non siamo Elon Musk e non abbiamo una Tesla 🙂
  2. Le persone (leggi: i clienti) usano i nostri prodotti anche il sabato e la domenica.Lo scambio di tweet avveniva domenica 11 dicembre 
  3. Sei attrezzato per rispondere adeguatamente ai clienti anche fuori dall’orario di ufficio?
    Ok, dici che è un costo pagare qualcuno che ci stia dietro.
    E quanto ti costa invece nel lungo periodo perdere un cliente?
  4. Le parole sono importanti.
    Quando scrivi online hai un orizzonte mondiale, se prometti devi mantenere velocemente, ormai è il 2017.
    I social network hanno reso orizzontali e trasparenti le relazioni e le gerarchie: anche tu puoi twittare a Elon Musk che potrebbe pure risponderti.
    Quindi, se vuoi stare nel mercato devi attrezzarti a lavorare con trasparenza e orizzontalità.
  5. Rispetta i soldi. I soldi sono importanti per tutti, per chi vende e per chi compra.
    Il cliente pagante ha diritto di lamentarsi pretendere rispetto per i suoi soldi.
    Il business ha il dovere di ascoltare, valutare la bontà del feedback e dare un servizio migliore a chi gli dà da mangiare ogni mese.
  6. Crea una bella User Experience.
    Non basta dire che ti interessa il cliente e la sua esperienza, e blablabla.
    Dimostralo. Show, don’t tell. 
    Fai una app utile, non a te ma al cliente, offri diversi punti di ricarica – in questo caso; e nel tuo?- e applica delle penali solo se hai dato gli strumenti per evitarle.Chi ci guadagna facendo questo?
    Tutti: clienti soddisfatti e business profittevoli.

Filed Under: Digital Marketing

Novembre 17, 2016 By md

Qual è la parola dell’anno 2016, cosa c’entra internet e che responsabilità abbiamo

Le parole che usiamo sono importanti perché danno forma al mondo che viviamo e lo definiscono.
Per questo, ogni anno l’Oxford Dictionary sceglie una parola rappresentativa dell’anno in corso, in base a dove è andato il mondo con le sue parole.

post-truth-2

Vediamo dunque cosa ci lasciano gli ultimi 3 anni.

2014: ci abbiamo fumato sopra.
La parola era vape, per la diffusione delle sigarette elettroniche e di tutti gli accessori connessi.

2015: abbiamo perso le parole per gli emoji e ci abbiamo riso sopra, fino alle lacrime.
Dai dati SwiftKey si è visto infatti che “????” è stata il 20% delle emoji usate in UK e il 17% in US.

2016: dopo averci fumato e riso sopra, ci siamo anche passati sopra.
La parola dell’anno infatti è Post-Truth.

post-truth-1

Letteralmente, è un aggettivo relativo a circostanze in cui gli appeal emozionali e le convinzioni personali sono più incisivi nel determinare l’opinione pubblica rispetto ai fatti oggettivi

‘relating to or denoting circumstances in which objective facts are less influential in shaping public opinion than appeals to emotion and personal belief’.

Vogliamo credere a quello che vediamo e sentiamo, a prescindere dalla sua esistenza e dal volerne verificare l’esistenza.

Infatti, abbiamo avuto Brexit e Trump – inspiegabilmente, a detta di molti.
Peccato che i molti non abbiano calcolato il moltiplicatore delle emozioni e degli effetti della paura.

Il post-truth si diffonde secondo la formula: ingenuità+pigrizia+ignoranza (dello strumento).

È così che molte notizie diventano virali, vere o false che siano: capisci qual è l’emozione prevalente e diffondi contenuti che alimentino e si alimentino con quell’emozione; in questo, la paura è una miccia accesa.

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Inoltre, è così che molte persone ci fanno soldi ogni giorno: l’esempio più recente è quello dei teenager macedoni che hanno alimentato un centinaio di siti pro-Trump, diffondendo notizie false col solo scopo di farci soldi da click pubblicitari.

In questo 2016 che spicca per credulità, anche Facebook è sul banco degli imputati per aver contribuito a diffondere notizie false.

Mark ovviamente nega di avere responsabilità, dice quello che leggiamo è solo il risultato di un algoritmo che ci mostra quello che la nostra rete condivide.
Tradotto, se hai una rete di creduloni avrai un feed di fregnacce.
Comunque anche lui se la sta passando male: Facebook è diventato il principale aggregatore di notizie (e di investimenti pubblicitari), ed è lì che le persone si informano.
Quid custodet custodes?

news from social media

Credits.

In questo scenario politicamente e socialmente buio voglio pensare con ottimismo al 2017 e sperare che:

  • la prossima parola sarà pre-truth;
  • internet venga usato come mezzo di trasparenza e non come amplificatore di balle e segreti di Pulcinella, smascherabili alla prima googlata.
    Vedi il Brexit, vedi Trump, ma vedi anche Mina e Celentano, due “vecchi” (della musica) che fanno un “disco per vecchi” plagiando una “foto di vecchi” fatta da un giovane che ha un blog “fatto con le foto dei vecchi”.

In questo, noi professionisti e nativi digitali (per non dire millennials – ecco l’ho detto) abbiamo una grande responsabilità: educare la generazioni dei nostri genitori, che si trovano su internet senza ben sapere come funziona, senza conoscerne logiche di funzionamento, codici di comportamento e velocità delle connessioni.

È semplice incolpare internet e il digitale.
Ma la rete è uno strumento, e bisogna saperlo usare.

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Filed Under: Digital Marketing, Inspiration

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Actually, I suppose we both prefer eating chocolate cookies rather than accepting website cookies. If you keep reading, I assume you agree with both this statements :)Ok