Post truth word 2016 -2 Margot Deliperi

Qual è la parola dell’anno 2016, cosa c’entra internet e che responsabilità abbiamo

Le parole che usiamo sono importanti perché danno forma al mondo che viviamo e lo definiscono.
Per questo, ogni anno l’Oxford Dictionary sceglie una parola rappresentativa dell’anno in corso, in base a dove è andato il mondo con le sue parole.

post-truth-2

Vediamo dunque cosa ci lasciano gli ultimi 3 anni.

2014: ci abbiamo fumato sopra.
La parola era vapeper la diffusione delle sigarette elettroniche e di tutti gli accessori connessi.

2015: abbiamo perso le parole per gli emoji e ci abbiamo riso sopra, fino alle lacrime.
Dai dati SwiftKey si è visto infatti che “????” è stata il 20% delle emoji usate in UK e il 17% in US.

2016: dopo averci fumato e riso sopra, ci siamo anche passati sopra.
La parola dell’anno infatti è Post-Truth.

post-truth-1

Letteralmente, è un aggettivo relativo a circostanze in cui gli appeal emozionali e le convinzioni personali sono più incisivi nel determinare l’opinione pubblica rispetto ai fatti oggettivi

‘relating to or denoting circumstances in which objective facts are less influential in shaping public opinion than appeals to emotion and personal belief’.

Vogliamo credere a quello che vediamo e sentiamo, a prescindere dalla sua esistenza e dal volerne verificare l’esistenza.

Infatti, abbiamo avuto Brexit e Trump – inspiegabilmente, a detta di molti.
Peccato che i molti non abbiano calcolato il moltiplicatore delle emozioni e degli effetti della paura.

Il post-truth si diffonde secondo la formula: ingenuità+pigrizia+ignoranza (dello strumento).

È così che molte notizie diventano virali, vere o false che siano: capisci qual è l’emozione prevalente e diffondi contenuti che alimentino e si alimentino con quell’emozione; in questo, la paura è una miccia accesa.

schermata-2016-11-17-alle-23-02-22

Inoltre, è così che molte persone ci fanno soldi ogni giorno: l’esempio più recente è quello dei teenager macedoni che hanno alimentato un centinaio di siti pro-Trump, diffondendo notizie false col solo scopo di farci soldi da click pubblicitari.

In questo 2016 che spicca per credulità, anche Facebook è sul banco degli imputati per aver contribuito a diffondere notizie false.

Mark ovviamente nega di avere responsabilità, dice quello che leggiamo è solo il risultato di un algoritmo che ci mostra quello che la nostra rete condivide.
Tradotto, se hai una rete di creduloni avrai un feed di fregnacce.
Comunque anche lui se la sta passando male: Facebook è diventato il principale aggregatore di notizie (e di investimenti pubblicitari), ed è lì che le persone si informano.
Quid custodet custodes?

news from social media

Credits.

In questo scenario politicamente e socialmente buio voglio pensare con ottimismo al 2017 e sperare che:

  • la prossima parola sarà pre-truth;
  • internet venga usato come mezzo di trasparenza e non come amplificatore di balle e segreti di Pulcinella, smascherabili alla prima googlata.
    Vedi il Brexit, vedi Trump, ma vedi anche Mina e Celentano, due “vecchi” (della musica) che fanno un “disco per vecchi” plagiando una “foto di vecchi” fatta da un giovane che ha un blog “fatto con le foto dei vecchi”.

In questo, noi professionisti e nativi digitali (per non dire millennials – ecco l’ho detto) abbiamo una grande responsabilità: educare la generazioni dei nostri genitori, che si trovano su internet senza ben sapere come funziona, senza conoscerne logiche di funzionamento, codici di comportamento e velocità delle connessioni.

È semplice incolpare internet e il digitale.
Ma la rete è uno strumento, e bisogna saperlo usare.

Credits featured image